CERAMICHE
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“sussurro della
terra” 2023
Durante un
viaggio estivo
il mio occhio ha
catturato
immagini che si
sono sedimentate
nella mente e
nel cuore per
poi essere
restituite con
gesti e materia
a testimonianza
di un sentire
emozionale
personale. In
questa nuova
collezione
“sussurro della
terra”
propongo
una
decina di opere,
frutto della
capacità di
osservare e
cogliere il
circostante:
dimore,
cipressi,
colline. I
soggetti sono
riferimenti ad
armonie
nascoste: la
geometria è
affine alla
musica, è il
canto dello
spazio scandito
dal ritmo delle
forme e dalla
gamma tonale
cromatica.
La dimora, luogo
universale da
cui ripensare
noi stessi e il
mondo che
abitiamo,
diventa simbolo
di sé,
dell’essere e
del suo
contenere. Una
casa senza
aperture,
estremamente
intima, che
mantiene una
sacralità
domestica. Un
archètipo dallo
spazio fisico a
quello mentale
perché la dimora
è labirinto dei
nostri
sentimenti,
pensieri e
azioni, capace
di
materializzare
sogni, incubi e
ossessioni che
da storia
personale
diventa
universale,
perché si
ramifica in
milioni di
storie
individuali.
Mettere in luce
la dimora del
mondo reale, le
prospettive
inconsuete
eppure
quotidiane, i
punti di vista
indefiniti, che
lasciano spazio
ad una
creatività
onirica. Ad ogni
visione la
propria.
Il cipresso,
albero simbolo
dell’immortalità
come emblema
della vita
eterna
dalla chioma
affusolata a
forma
piramidale,
che contiene
energia
protettiva e
protegge la casa
dalle energie
negative.
Un omaggio al
ricordo
emozionale-olfattivo
sempre vivo di
paesaggi della
mia terra
nativa: la
Romagna.
Le colline,
un ondulato
magma di terra,
materia
ancestrale e
sacra che culla,
trattiene, cura
o che espelle,
travolge e
sconvolge,
oppure, perché
no, proietta
verso il domani
prevedendo il
cambiamento.
L’uomo è
fisicamente
assente, ma vi è
testimonianza
del suo
passaggio nei
vuoti sconfinati
dei paesaggi
silenziosi dove
ha eretto
dimore. Nelle
opere il tempo è
sospeso, le
diverse
situazioni
spaziali sono
volutamente
irriconoscibili,
prive di
riferimenti a
situazioni
precise che
traghettano
verso
l’immaginifico.
Desidero porgere
all’osservatore
la possibilità
di lasciarsi
trasportare
nella dimensione
del simbolo
dimora, senza
fornire
specifiche
indicazioni, e
di cercare il
passaggio umano
attraverso
suggerimenti
delicati. Questo
per risvegliare
quella
dimensione umana
che spesso si
assenta per
distrazioni ed
invitarla a
rivedere i
luoghi in
maniera
sensibile,
a
posizionarsi in
prima fila,
davanti ad uno
specchio che
riesce
finalmente a
riflettere la
realtà dei
luoghi, gli
spazi pieni,
quasi
asfissianti, e
quelli vuoti in
cui si fa sempre
più assordante
l'eco di una
natura distante
e sofferente.
Porgiamo ascolto
al sussurro
della terra
prima che si
faccia grido
assordante per
la sofferenza
due lune
ammantano
collina speciosa
dimora
dell'immortalità
dimora
mediterranea con
cipressi
cipressi al
chiaro di luna
dimora di
bianchezza
immacolata con
cipresso
cipressi varcano
la sommità della
dimora
dimora mediterranea innevata con cipresso
dimora con
cipressi
nell'abbraccio
della terra
dimora con
cipressi al
tamonto
dimora sonora
con cipressi
dimora onirica
dimora notturna
con cipressi |
“LE NUVOLE:
battiti del
cielo”
2022
La Baruzzi
presenta una
collezione
inedita di opere
che hanno per
soggetto
LE
NUVOLE.
Opere che danno
volume, forma e
colore, immagine
emozionale e
suggestiva alle
sue visioni,
opere che
s’affiancano
alla parola
poetica con una
silloge di 100
componimenti.
Parola che
illumina
l’oscurità e che
genera tentativi
di scultura, che
ricerca e
percorre vie
identitarie. È
un viaggio nello
spazio non solo
esterno ma anche
interiore che
parte da un
visibile per
giungere a un
invisibile.
“…Sandra
è sia una
ceramista che
una poetessa, e
forse qui per la
prima volta in
lei, i due mondi
che poi,
ovviamente,
separati non
sono, viaggiano
insieme, e lei
che cerca di
catturare le
nuvole con
entrambi gli
strumenti, con
tutte le sue
armi e potenza
di fuoco, le
parole e la
terra, forse il
leggero e il
pesante, che
servono
entrambi, la
scrittura e la
manipolazione
della materia
plastica.
Insieme. Evviva.
Che poi a
pensarci un po'
su, è strano
decidere di fare
le nuvole in
ceramica perché
significa farle
di terra
bagnata, con un
peso, come
gonfie di
pioggia, farle
asciugare e una
volta secche e
fragili,
cuocerle e
fissarle con il
fuoco e il
calore. Chissà
se piuttosto che
ritirarsi,
dentro al forno
s’ingrossano e
montano come
temporale estivo
in arrivo.
Poi colorarle di
smalti e lustri,
con il vetro
quindi, altra
materia che
passa dal calore
a uno stato
molle e senza
forma fino alla
sua
cristallizzazione
e coloritura e
trasparenza.
Una pelle quasi
pittorica.
Vetrificata.
Ghiaccio. Fuoco.”
di
Massimiliano
Fabbri
ascolta la
foglia cadere
racconto della
foglia n.1
raccolto della
foglia n.3
nuvola con
dimora
oscurità
stellata
nuvole al
tramonto con
alberi
nuvole notturne
con dimora
nuvola con
dimora
fluttuante
nuvole incanto
nuvole energia
sospesa
nuvole forze
sospese
|
ceramiche
contemporánee
per Dante
ALIGHIERI
Il 2021 è l’anno
delle
celebrazioni per
i 700 anni dalla
morte di
Dante Alighieri
(1265-1321).
Le opere inedite che presento entrano in dialogo con la
parola poetica
di Dante che
viene visualizzata con
volumi e colori.
“Tu proverai sì
come sa di sale
lo pane altrui,
e come è duro
calle
lo scendere e ‘l
salir per
l’altrui scale.”
“E quel che più ti graverà le spalle,
sarà la
compagnia
malvagia e
scempia
con la qual tu
cadrai in questa
valle;
che tutta ingrata, tutta matta ed empia
si farà
contr’ a
te; ma, poco
appresso,
ella, non tu,
n’avrà rossa la
tempia.”
I versi, tratti
dal canto XVII
del Paradiso,
sono le parole
con cui
Cacciaguida,
trisavolo di
Dante,
profetizza al
poeta l’esilio
lontano da
Firenze.
Dante dovrà
abbandonare ogni
cosa più amata e
ciò costituisce
la prima pena
dell'esilio,
quindi proverà
com'è doloroso
accettare il
pane altrui,
com’è gravoso
mettersi al
servizio di vari
signori.
Nella prima
terzina di
grande intensità
viene descritta
l'angoscia di
ogni esule, di
chi è costretto
a lasciare la
propria patria e
le cose più
care, per andare
a cercar fortuna
in luoghi
sconosciuti,
trovando la
compagnia di
gente straniera,
diffidente e
ostile.
A dire il vero,
questi versi, mi
vestono: anche
se la mia
inizialmente è
stata una scelta
di e per lavoro,
ho lasciato
anch’io la mia
terra per la
professione.
Ancora oggi
molti giovani,
laureati e con
qualifiche
professionali,
sono costretti
per mancanza di
lavoro nella
stessa regione o
nazione a “
provare come sa
di sale lo pane
altrui…”.
Lasciano la loro
terra verso mete
di un mondo
globalizzato:
ma, “globalizzazione”
è un termine
solo economico
che non vale per
il cuore. Chi
parte per
“scendere e ‘l
salir per
l’altrui scale”
prova nell’animo
gli stessi
sentimenti e lo
stesso dolore
che ha provato
Dante nel suo
esilio e che
ogni essere
umano prova,
quando è
costretto a
lasciare le
proprie radici.
Pensiamo agli
sbarchi
quotidiani sulle
nostre coste,
riflettiamo sui
legami spezzati
e sulle vite
interrotte, io
ne provo
vergogna. Almeno
riflettiamo, il
tema è
attualissimo!
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Progetto bipersonale al MIDeC
Sandra Baruzzi e Guglielmo Marthyn
Stampa 3D clay
Qualche anno fa la CNA ed il proprio ente di formazione, l'ECIPAR, proposero al Museo Carlo Zauli di ospitare un corso di formazione finanziato dall'Unione Europea sulla fabbricazione digitale, inedita prospettiva tra artigianato e design orchestrata da nuove figure, chiamate makers, al tempo stesso artigiani, designers ed esperti informatici.
L'anello di congiunzione tra i nuovi strumenti meccanico-digitali e lo storico laboratorio ceramico faentino che ospita gran parte del percorso museale erano le stampanti 3D per la ceramica, piccoli e grandi totem di acciaio, ferro, plastica e vetro in grado di trasferire in ceramica un progetto realizzato con un programma di disegno 3D rivisitando la tradizionale foggiatura a lucignolo. Uno strumento, dunque, che nella propria complessità tecnologica si riallaccia direttamente alla nascita dell'uomo, ed ad una delle più primitive tecniche di fabbricazione di oggetti d'uso e decorativi.
Apparvero subito chiare due sfide che il nuovo strumento lanciava. Innanzitutto la capacità di esplorare a fondo le potenzialità formative della stampante 3D che non si appiattissero sul già visto replicando le possibilità delle tecniche tradizionali, ma che permettessero nuove soluzioni morfologiche impensabili, ad esempio, senza l'utilizzo di complessi passaggi di stampatura. Inoltre la capacità di non mortificare la vis poetica ed espressiva della materia, tanto legata al codice strutturale del fatto a mano, con tutte le piccole irregolarità che di fatto ne costituiscono uno degli elementi di maggior fascino.
Dopo anni di sperimentazioni che difficilmente sono uscite vincitrici da questa duplice sfida, pur non escludendo significative eccezioni, ci troviamo di fronte ad un doppio percorso che già nelle premesse pare destinato a superare questo storico limite della recente tecnica ceramica 3D.
Sandra Baruzzi e Guglielmo Marthyn sono artisti dalla spiccata personalità poetica. Ciò che unisce la ricerca ceramica di entrambi è proprio la tensione lirica che si respira in ogni lavoro dei due artisti di Castellamonte che, partendo da riferimenti formativi diversi, giungono a frammenti di poesia visiva seguendo suggestioni, modi espressivi, immaginari distinti ma comunicanti.
C'è un'atmosfera rarefatta e sospesa che accomuna le ricerche dei due artisti, e che li porta spesso a dialogare in progetti espositivi a doppia voce.
Nel caso delle sperimentazioni sulla tecnica della stampante ceramica 3D, questo dialogo è partito dall'impegno didattico dei due artisti nel Liceo Artistico del proprio territorio, vera e propria perla di eccellenza di questo segmento formativo nel panorama italiano.
Dalla sfida didattica del nuovo mezzo meccanico digitale e dall'esigenza di renderlo accessibile ai propri studenti, sono fiorite le prime ricerche dei due artisti, poi perfezionate in esiti oggettuali e scultorei di grande impatto visivo.
Opere che, pur riconoscendosi chiaramente nella fabbricazione digitale, lasciano alle proprie spalle l'asettica e fredda genesi formale che solitamente ne caratterizza gli esiti per raggiungere rapidamente quell'aura poetica che il lavoro di entrambi gli artisti possiede.
Attraverso la regolare costruzione, strato su strato, della forma attraverso l'ugello meccanico della stampante che esegue inerte il disegno tridimensionale trasferito su una scheda di memoria, nascono ceramiche che affondano le proprie radici dentro morfologie naturali, a loro volta custodi di memorie, di suggestioni profonde, di emotività.
Nascono così ceramiche che vivono, in modo diverso, dello stesso afflato sentimentale che Baruzzi e Marthyn trasferiscono nelle altre loro opere. La natura, rievocata attraverso il mezzo plastico digitale, si presenta dunque ai nostri occhi in una nitida sintesi dai contorni curvi, a volte struggenti, che respira silenziosa tra le linee e le pieghe di un vaso, di una scultura, di un oggetto.
Matteo Zauli
Collezione “stellare” 2019
Vincent Van Gogh, “non so nulla con certezza, ma la vista delle stelle mi fa sognare”
La natura, per questo soggetto è estremamente generosa, costellazioni celesti, fiori , piante, stelle marine, l’occhio può spaziare a 360° verso il cielo, a terra o negli abissi e ne raccogliere una varietà infinita di forme, colori textures trasportando la mente verso una immaginazione creativa tendente all’infinito. Negli oggetti di questa collezione il coinvolgimento, per la presenza di riferimenti così ampia in natura, ci può condurre più facilmente ad una progettazione emozionale.
Una ricerca aperta alle contaminazioni, alla molteplicità di sguardi: esplorandone gli aspetti strutturali, le traslazioni, i parallelismi e i movimenti radiali ci si relaziona con innumerevoli forme e altrettante funzioni. A seguito alcuni esempi.
Collezione “trifolium” 2019
Collezione che pone lo sguardo verso il basso, verso il suolo e osserva un genere di piante erbacee appartenente alla famiglia delle Fabaceae (o Leguminose) che comprende circa 250 specie. Il trifoglio deve il suo nome alla caratteristica forma della foglia, divisa in 3 o più foglioline. Nel tempo, assieme al quadrifoglio, è stato senza dubbio portatore di una grande simbologia in molte civiltà.
Ho esplorato il dettaglio e l’insieme di linee, forme e colori. Ho tradotto in modo creativo e personale i vari rapporti delle componenti costitutive in un linguaggio geometrico/matematico consegnandogli anche un aspetto strutturale coinvolgendo così non solo la sfera degli oggetti ma anche quella di una scultura futuribile. L’analisi bionica affiancata da queste nuove tecnologie porta a scenari urbani e d’arredo urbano immaginati ma raramente realizzati. Qui presento alcuni prototipi di sculture.
Collezione
“le
ondine” 2019
peccati digitali
di creatività
La collezione di
“le ondine”
2019, composta
da 10 opere, è
il frutto di
nuove visioni
ottenute prima
da una
progettazione a
computer poi da
stampa digitale
3D clay che
congiunte hanno
reso possibile,
anche nel mondo
degli oggetti,
creare volumi
geometricamente
elaborati con
un’immensità di
nuove forme e
superfici fino
ad ora non
concepibili.
Lo spunto
creativo è stato
generato
dall’osservazione
della natura;
l’occhio si è
soffermato
sull’onda
marina,
l’immaginazione
sul suo perenne
esistere e
trasformarsi,
sul suo costante
movimento e
cambiamento.
L’occhio ha
posato lo
sguardo verso
l’orizzonte.
Vasi,
contenitori in
porcellana
dalla
superficie
ondulata e
bianca
che
rappresentano in
modo
praticamente
astratto le
onde. Onde che
approdano ad
isole di
altro
bianco. Gioco
delicato di
candidi lucori
dove da una
parte si
evidenzia la
superficie del
bianco naturale
della porcellana
caratterizzata
della textures
di stampa 3d
e
dall’altra si
interviene sulla
base
smaltandola.
La proposta è di
un Design
sensibile,
ironico,
consapevole,
ecosostenibile,
digitale e di
ricerca.
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bugs bunny la
sentinella
Collezione
"SENSIBILI
VISIONI" 2020
Nelle settimane
appena trascorse
abbiamo fatto
esperienza di
qualcosa che,
fino a pochi
mesi fa, era
inimmaginabile.
La pandemia,
l’isolamento
sono diventati
aspetti
quotidiani della
nostra esistenza
per diversi
mesi.
La nostra dimora
se da un lato è
stata cella,
prigione,
dall’altro è
stata culla,
salvezza. Nelle
nostre case
abbiamo avuto
modo e tempo per
noi, per i
nostri cari, per
coltivare i
nostri pensieri
e per
abbandonarci
alla nostra
creatività.
Le finestre
delle nostre
case sono
diventate il
prolungamento
visivo e fisico
per andare oltre
con lo sguardo e
con la nostra
creatività. Ci
hanno mostrato
che ciò che
credevamo
provvisorio non
lo è forse come
immaginiamo, e
che quello che
pensavamo
stabile è invece
più fragile di
quanto
credevamo.
La pandemia ha
interrogato il
mio immaginario
e la mia
comprensione.
Con
l'immaginario ho
discreta
domestichezza e
questa ricerca
ne è un frutto
con la
comprensione mi
accorgo di aver
ancora molta
strada da fare.
Dedico questa
ricerca creativa
a chi, come me,
vive il
quotidiano, ora
come sempre,
incerto. Un
incerto che non
ha confini, ma
ha compagni di
viaggio.
Travaso di
umanità,
civiltà, cultura
e arte
Opera tratta
dalla collezione
“candidi
lucóri
architettonici”
Le città
esistono
dovunque,
comunque.
Millenarie o
contemporanee,
concrete o
ideali, odiate o
amate,
progettate e
vissute ...
Non soltanto
geograficamente
e storicamente,
ma in quanto
soluzione
razionale,
immaginaria e
onirica,
l'urbanistica ci
appare come un
procedimento
archetipico.
Paesi e
villaggi,
fortezze e
agglomerati
sarebbero
prodotti
conclusivi di un
processo di
presa di
coscienza
sociale, oppure
punti di
partenza per una
realtà fondata
sullo scambio?
Le due opzioni
potrebbero
equivalersi.
Dove emergeva
l'istinto di
tutela e di
difesa,
affiorava la
volontà di
riconoscimento,
di incontro e di
travaso. Quando
la diffusione di
idee e il
commercio
scandivano il
passo, urgeva
l'individuazione
di una comunità.
|
“Ciotole
emozionali 2018”
La collezione di
opere “ciotole
emozionali 2018”,
ha preso avvio,
dalla
modellazione e
dall’utilizzo di
calchi legati
alla tradizione
ceramica
di
Castellamonte,
ma nonostante
questo ha dato
forma a ciotole
libere, oltre i
confini del
contenuto per
poter contenere
culture con
pensieri e
passioni altre.
Semplicemente
ciotole e
piatti, oggetti
ceramici d’uso
comune;
per la
loro
realizzazione
sono partita
dall’osservazione
di forme della
tradizione come
testimonianza
del passaggio
del tempo e le
ho modellate
cercando di
scrutare le
trasformazioni,
di ricostruire
il rapporto tra
l’uomo e
l’oggetto
indagando in
termini
antropologici.
Ho posato
l’attenzione
sull’aspetto
estetico, sulla
forma, sul
colore e sulla
superficie, ho
salvaguardato la
sua praticità e
funzionalità
infine l’ho
intellettualizzata.
Quando il
confine tra arte
e design si fa
incerto e l’arte
astratta/concettuale/contemporanea
diviene metodo
per ricostruire
tutto ciò che ci
circonda, piatti
e ciotole
possono assumere
l’aspetto di
collage
colorati,
possono assumere
forme non
convenzionali
con strappi,
fori, per
contenere non
solo alimenti
multietnici ma
anche pensieri,
emozioni,
passioni.
Oggetti/soggetti
che entrano
nell’ambiente
della vita, in
una dimensione
quotidiana
vissuta anche
con ironia e a
volte in modo
dissacratorio.
Ciotole
che
alludono a tele
astratte in cui
la griglia
modernista si
ammorbidisce in
forme colorate.
Si tratta di
contenitori
costituiti da
diversi strati
di argille e
smalti
in cui il
processo
grafico,
pittorico,
scultoreo vuole
riflettere una
comunità oltre
il territorio
specifico, oltre
una cultura
chiusa, che
nell’aprirsi,
nell’accogliere
incontra nuovi
sapori, nuove
prospettive.
L’attenzione
agli elementi
sensoriali
richiama invece
grandi maestri,
Bruno Munari,
Ettore Sottsass,
Alberto Burri,
Lucio Fontana
ecc…
Le ciotole si
prestano a
essere
apprezzate anche
come campiture
espressive:
pieno e vuoto,
opaco e lucido,
leggero e
pesante, grande
e piccolo,
impasti di terre
diverse, ritmi
visuali da
godere e vivere
in maniera non
dissimile da un
quadro astratto
o una
composizione
musicale.
Ad oggi sono
entrata nel vivo
di questa nuova
ricerca e le
foto allegate ne
sono una
testimonianza.
La scadenza di
consegna per
l’adesione è
imminente e
quindi vi
inoltro il
percorso
avviato. Smalti
e colori li
applicherò
successivamente
ma l’intento è
quello di far
risaltare le
superfici
plastiche
lasciandole in
terracotta e le
campiture
uniformi con
smalti di colori
intensi,
saturi e vividi
: giallo, viola,
rosa, argento.
Sandra Baruzzi
www.sandrabaruzzi.it
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M'AMA NON M'AMA
2017
FLOWERS
… per dirlo con
un fiore…
“Rosa
fresca
aulentissima”:
così in uno dei
primi testi
scritti in
volgare un uomo
si lancia alla
conquista di una
fanciulla,
paragonandola a
quanto di più
bello la natura
offre: una rosa
fresca e
profumatissima.
Da lì in poi la
rosa, e il fiore
in genere,
nell’immaginario
poetico diventa
simbolo di una
propria visione
del mondo: la
ragazza di una
ballata di
Poliziano esorta
le compagne a
godere della
giovinezza che,
come la rosa, va
colta nel suo
splendore; è
bella ma caduca
o è bella perché
caduca. E, quasi
da contraltare,
secoli dopo
Gozzano
confesserà di
amare soltanto “le
rose
che non colsi,
le cose che
potevano essere
e non sono state”.
Nella schiera
dei “coglitori”
il Sacripante
dell’Orlando
furioso si
prepara al “dolce
assalto”
della bella
Angelica
pensando fra sé
e sé: “
Corrò
(coglierò)
la fresca e
matutina rosa”
prima che “il
fiore virginal”
venga colto da
qualche più
pronto rivale.
Il “fiore
virginal” è per
Pascoli un
gelsomino
notturno che di
notte verrà
fecondato: i
petali
rimarranno “un
poco gualciti”
ma nell’ “urna
molle e segreta”
nascerà “non so
che felicità
nuova”. Questo
fiore dischiuso
si apre non per
lui, il poeta,
ma per
un amico
prossimo sposo;
lui, il poeta,
simbolo per
eccellenza dei
“non coglitori”,
quando i fiori
notturni si
aprono, pensa ai
suoi cari
defunti in una
mescolanza di
amore e morte,
di attrazione e
divieto, che è
uno dei suoi
tratti
distintivi.
Basti pensare
alla ancor
pascoliana “Digitale
purpurea”
che con i petali
schizzati di
rosso è un
invitante e
proibito e
rovinoso “fior
di morte”.
Nulla a
che fare con “il
girasole
impazzito di
luce” di
Montale: il
fiore sempre
volto dalla
parte del sole,
ossia dalla
parte di Apollo,
ossia dalla
parte delle
arti, in primis
della poesia.
Fiori da
cogliere o non
cogliere, fiori-
giovinezza,
fiori-amore,
fiori di morte,
fiori del male,
fiori di luce,
fiori di poesia.
Affascinata dal
mondo floreale,
perché
traboccante di
significati
forme e colori,
Sandra Baruzzi
ha cominciato a
cogliere fior da
fiore.
Numerosi sono i
suoi fiori in
bilico, in
acrobatico
equilibrio come
un tempo le sue
case, a
suggerirci la
precarietà
dell’esistenza.
A riflettere
sulla
compresenza di
natura e
intervento
dell’uomo, vi
sono i fiori
in città,
che non colorano
campi di
campagna ma
imprevedibilmente
si incuneano tra
una costruzione
e l’altra. Ci
colgono di
sorpresa, ci
insegnano che
realtà diverse
possono
integrarsi in un
tutto armonico.
La predilezione
per
l’accostamento
inconsueto, a
suggerirci la
possibilità di
unioni insolite,
sono i fiori
a fior d’acqua:
non fiori in
vaso né fiori
sul campo ma
sull’onda
morbida della
ceramica. Vi
sono poi
petalose
margherite m’ama
non m’ama
dalle corolle
aperte e
vigorose, oppure
stanche e
flosce, ad
indicare le
infinite
possibilità
esistenziali; le
impreziosiscono
i
dettagliatissimi
pistilli-
gioiello.
Talvolta possono
pungere e fare
male: è il caso
del petaloso
ondivago,
che nel pensiero
romantico
rappresenta lo
slancio
metafisico verso
l’infinito.
Il grande
assente in
questo
variopinto
florilegio è
il fior di loto
blu,
presente però in
un’altra mostra.
Nonostante sia
simbolo
dell’oblio dai
tempi
dell’Odissea,
non ci vogliamo
scordare della
sua esistenza.
Agosto 2017
Anna
Tabbia
FIOR DI LOTO BLU
2017
BELLIS 2017
PETALOSO
ONDIVAGO
2017
PETALOSO
CANDIDO2017
GIRASOLE
2017
PETALOSO
METROPOLITANO
2017
NYMPHAEA ALBA
2017
FIORE DI CITTà
2017
VOLUTTUOSO
2017
ROSALICCIO 2017
METAMORFOSI
METROPOLITANA
2017
FIORE IN BILICO
2017
PANNELLO N.
1
PANNELLO
N.3
MARGHERITA ROSSA
2017
FLOWER
2017
ARCOINFIORE
2017
NINFEA
2017
APPRODO ALLA
NUVOLA 2016
I Fiori
dell'Orizzonte
L'orizzonte
variabile
Umano
Trascina una
coda sensibile.
Mistero del
mare,
Sabbia mobile
limpida
Sul litorale del
limite:
Cornucopia
Di ogni confine
-
L'approdo è
speranza?
Che cosa
intravede
La pelle?
Sostanza.
Nient'altro.
Da materia
mirabile
Grezza:
La terra;
Al riflesso
dorato
Dell'onda:
Le stelle
i.f.
La nostra vita,
analiticamente,
implica una
rassegnazione
all’instabilità
e allo
squilibrio. È la
fissità delle
sue forme a
renderla
possibile e
testimoniabile.
All’interno di
queste strutture
ci muoviamo, in
un percorso a
ostacoli,
tentando di
scardinare e,
successivamente,
rifondare canoni
e regole.
Sotto le
meraviglie delle
superfici dei
mari, sognano,
insieme, la
materia più
grezza, il
nutrimento più
denso, i
gioielli di
mille e mille
tesori. La
crosta terrestre
garantisce il
nostro passo, là
dove il cratere
non si è ancora
affacciato. I
cieli, infine,
avrebbero
consistenza di
lenzuola aeree
ripiegate, per
chi non sapesse
respirare
l'ossigeno:
oltre le macchie
delle nubi fino
alla cassettiera
atmosferica.
Abbiamo la
curiosità di
indagare tra le
crepe del mondo,
creando
connessioni
insperate,
stendendo e
stirando la
nostra magnetica
attrazione nei
confronti della
sinestesia:
orizzonte
variabile,
sensibile –
nostro malgrado
– ai cambi di
umore e di
stagione.
La ricerca della
verità, a questo
modo, – proprio
nella tentazione
che impone ad
ogni esperienza
artistica – non
può sfuggire a
un metodo.
Continue
riproposizioni e
imposizioni di
pratiche la
renderanno
assimilabile ad
un percorso di
raggiungimento
dell’estasi.
Così, fare
violenza alle
consuetudini
sarà sempre il
criterio
costituente di
ogni estetica.
Alzare la
temperatura per
assimilare nuovi
colori. Prendere
coscienza di
un’identità per
poi
abbandonarla.
Credere
nell’ordine di
un'architettura
per scontrarsi
perennemente
nella casualità
o nella
causalità.
Frequentare la
folla per
sentirsi soli.
Affrontare una
traversata
personale come
se si trattasse
dell'Esodo di
un'intera
popolazione.
Ecco la magia
della
narrazione,
intervento tanto
apotropaico da
poter svelare
d'un tratto un
significato,
velando gli
occhi a parte
d'una
sensibilità.
L’esercizio
dell’eterna e
inevitabile
finzione ci
manterrà, sempre
più flebilmente,
ancorati alle
nostre
percezioni.
Giungeremo a un
passo
dall’irraggiungibile
e perfetta
visione. Fino a
quando un
improvviso
bagliore
illuminerà il
deserto e ci
costringerà alla
realtà, dove
spazio e tempo
svaniranno senza
lasciare via di
scampo al caso:
limbo perpetuo,
luccichio della
vanità.
Per Sandra
Baruzzi,
queste sono le
case che
abitiamo, le
navi che
comandiamo
inconsapevolmente:
dovunque, al di
là di ogni
immagine
pretestuale o
residuale. I
territori, che
colonizziamo,
mantengono una
vista sulla
scogliera,
aprono una
finestra sul
firmamento.
Miracolo dei
tetti: progresso
della tana,
della paglia.
Le lapidi
immortalano
nella storia
individuale e
comunitaria un
attimo
invariabile: la
condizione
d'essere al
mondo.
Folgorazione
estrema: non
fossero
orchidee, rosa
giglio tulipano
saprebbero
comunque
galleggiare.
Ivan Fassio
ARCA 2016
ARCHITETTURE IN
DIVENIRE 2016
L'0FFERTA
DEL VIAGGIO 2016
TRAVERSATA 2016
EQUILIBRI
PRECARI 2016
L'IMPREVEDIBILE
2016
TRASBORDI 2016
GRANDE ESODO
2016
ESODO PER MARI E
PER TERRE
STELLE CADENTI
2016
GRANDE ONDA 2016
ROTTE
NOTTURNE2016
ARCHITETTURE
IDENTITARIE 2016
DIMORE DELLE
ANIME 2016
ATTESA 2016
LIMBO PERPETUO
2016
LIMBO 2016
|
fuor d'acqua 2015
Il Carattere
della Città
In onda
traballa
La sacra
fiamma
Stellare.
Di terra e
d'argilla
Si leva in
antenne
La scala
Del sogno
solare...
Costruire è
innalzare?
L'altare è
l'inizio
Dei cieli:
La bara una
nave.
L'esercizio:
Materia
dell'ala.
Le città
esistono
dovunque,
comunque.
Millenarie e
ideali, concrete
e mentali,
applicate e
teoriche,
progettate e
vissute, odiate
o sognate...
Non soltanto
geograficamente
e storicamente,
ma in quanto
soluzione
razionale,
immaginaria e
onirica,
l'urbanistica ci
appare come un
procedimento
archetipico.
Paesi e
villaggi,
fortezze e
agglomerati
sarebbero
prodotti
conclusivi di un
processo di
presa di
coscienza
sociale, oppure
punti di
partenza per una
realtà fondata
sullo scambio?
Le due opzioni
potrebbero
equivalersi.
Dove emergeva
l'istinto di
tutela e di
difesa,
affiorava la
volontà di
riconoscimento e
di incontro.
Quando la
diffusione di
idee e il
commercio
scandivano il
passo, urgeva
l'individuazione
di una comunità.
Queste
necessità,
analizzate
secondo le
strutture
economiche e
politiche che
regolano il
mondo
occidentale
contemporaneo,
appaiono
slacciate dal
loro valore
originario. Le
città,
generalmente,
ci sono
già:
sovrapposizioni
secolari,
stratificazioni
inconcepibili,
formulazioni
assurde. Da qui,
la condizione
“spaesata”
dell'artista,
sempre in bilico
tra recupero
radicale della
tradizione e
critica ai
valori della
modernità. Se
ogni cantiere è
innalzato
da esigenze di
praticità, ogni
fantasia
creativa fa i
conti con lo
straniamento:
scalinate
labirintiche si
rincorrono in
edifici
perturbanti,
intrecci di
strade
si
amalgamano in
incubi
ineludibili, un
sequenza di
muraglie ci
impedisce la
trasmissione di
un messaggio
elementare.
Potremmo
abbattere queste
pareti con un
semplice motto
di spirito?
Forse lo stiamo
già facendo,
forse questo è
il nostro
compito...
Sandra Baruzzi
vive le
strutture del
mondo che la
circonda
accompagnata da
una scissione
esistenziale: la
distanza tra la
consuetudine
della percezione
e le esigenze
vitali e
spirituali del
cittadino,
dell'individuo.
L'autrice non
spera che le
abitudini
funzionino.
Così, cerca di
minare le
convenzioni con
ironia,
attraverso il
gioco di parole.
Linguaggio
pubblicitario,
detti e
proverbi, modi
di dire
battezzano le
sculture e le
informano
attraverso
l'immagine. Le
metafore vengono
smontate.
Edifici
improponibili
sono davvero
nati sotto il
cavolo...
L'osservatore si
ritrova
letteralmente
come un pesce
fuor d'acqua...
Architetture si
fanno
grammatiche
compiute,
sostituendosi al
dettato, alla
prosa. I palazzi
assumono posture
umane:
portatrici di
sentimenti ed
emozioni. Si
curvano, si
accasciano, si
disperano:
diventano
isterici,
sarcastici,
politicamente
scorretti.
Umanizzati e
caricati di
espressione, si
fanno poesia:
somatizzano, si
interrogano,
talvolta
rispondono
enigmaticamente.
Il movimento, la
precarietà,
l'inadeguatezza
e la staticità
della società
sono
rappresentati
come in un
morality play,
attraverso
personaggi che
pian piano
entrano nelle
nostre vite come
veri e propri
“caratteri”:
linguistici,
grafici,
scolpiti nella
memoria...
Ivan Fassio
sciabordio metropolitano 2015 dolce
immersione 2015 onda a banda larga 2015
nati sotto il cavolo n.3 2015 contro il logorio della vita moderna 2015
expo 2015
volta stellata metropolitana 2015 fiori di strada
2015 note in verticale 2015
rosso di sera 2015 oltre il ponte
2015 arco metropolitano 2015
prospettive orizzontali 2015 limbo metropolitano 2015
equilibri precari 2015
soffio metropolitano 2015 danza con cirro 2015
cascata metropolitana 2015
|
sinfonia urbana
n.12
SINFONIE
URBANE
Ceramiche sonore
– fischietti
d’autore
Opere che
testimoniano un
immaginario
urbano, sonorità
tra spazi di
socialità e
storie
personali. Il
fischio come
richiamo
d’ascolto.
Per scelta abito
in campagna,
zona collinare
in mezzo a lupi,
cinghiali e
scoiattoli ma
confesso di
amare anche le
città. Trovo
negli
agglomerati
urbani una forza
primordiale, un
senso di mistero
esattamente come
quello che
avverto nella
natura. Gli
spazi mi
parlano, è
l’uomo che li
crea, è la
moltitudine
umana che li
con-divide.
Pieni
e vuoti,
luci e ombre,
odori, suoni,
colori.
Moltitudini di
persone oppure
strade deserte
nella quiete del
mezzogiorno di
ferragosto,
strade pur
sempre solenni
contornate da
vecchi muri
fiancheggiati da
edifici lucenti
di vetri
a
specchi, strade
dove trovi
stratificato lo
scorrere del
tempo.
Lo spazio della
città incomincia
ad acquistare
così una
profondità
sonora,
surreale,
misteriosa.
Credo che
il trasporto
creativo e tutto
personale di
queste fluide
connessioni
scaturisca da
qualche
conoscenza
inconsapevole,
nascosta che
conservo nella
mia interiorità,
nel mio dentro
più intimo,
molto più reale
e sentito di
quanto si possa
credere. Una
conoscenza che
si libera perché
non soffocata
dal rapporto
abituale con gli
ambienti a me
familiari, una
conoscenza che
si libera con il
viaggio, con
l’incontro di
altri luoghi e
persone.
Il fischio è
sinfonia, è
carpire
attenzione, è
comunicazione.
Sandra Baruzzi
sinfonia urbana n.1 sinfonia urbana n. 2 sinfonia urbana n.3
sinfonia urbana n.4 sinfonia urbana n. 5 sinfonia urbana n. 10
sinfonia urbana n. 7 sinfonia urbana n. 13 sinfonia urbana n. 9
sinfonia urbana n. 6 sinfonia urbana n. 11 sinfonia urbana n. 8
|
sguardi migranti
2015
Sandra Baruzzi "sguardi"
a cura di Anna
Tabbia
“Perché con un
occhi guardi il
mondo, con
l’altro guardi
dentro di te”
Amedeo
Modigliani
Nella
collezione
“sguardi.3”,
composta da tele
e tondi
ceramici, viene
depositato uno
sguardo
composto da
altri
innumerevoli
sguardi.
L’occhio guarda
ed è guardato,
relazioni,
emozioni di
sguardi
scambiati e
immortalati in
un luogo dove il
confine e
l’immaginario
rappresentano la
possibilità di
“fare”, di
scoprire e di
osare.
Il suo sguardo
scrutatore gioca
a svelare
affinità e
incastri tra
mondi, si nutre
del contrasto
per vedere
meglio.
S’avverte il
rimando ad
artisti
“guardati” -
Picasso, Miró,
Gentilini,
Tramonti - al
disegno
infantile,
sempre fecondo
d’immaginazione,
dove la
pesantezza si
trasforma in
leggerezza, dove
una macchia con
due puntini
diventa volto,
sguardo e
relazione.
Riprende simboli
a lei cari:
lune, scale,
bestiario vario
che ci
introducono in
una dimensione
più intima e
coinvolgente.
Arte come luogo
di costruzione
delle identità
perché sentita e
filtrata da uno
sguardo emotivo
e partecipe;
arte come
ragnatela che
impiglia, filo
che annoda e
collega mondi.
Mondi
coloratissimi di
uomini, donne,
animali, punti
di vista
eterogenei e
differenti in
uno sforzo
costante di
incontro e
empatia con le
cose e le storie
che queste
trattengono.
Sguardi in
connessione che
ci portiamo
dentro e che
liberiamo
fecondi.
Uno scintillio
di
sguardi
che la
brillantezza
della ceramica
esalta e
trattiene in
tondi, l’attimo
del vissuto
immortalato per
l’eterno nei
quadri in tela,
forme semplici,
antiche che ci
consegnano
l’interiorità.
Una ricerca
attenta del
materiale, di
volta in volta
scelto
accuratamente e
praticato con
continuità, dove
viene accolto e
valorizzato
l’imprevisto.
Una mostra di
facce
plurali,
di
sguardi
che narrano il
reale e
l’immaginario,
il ritrovamento
e la perdita.
sguardi sognanti 2015 sguardi d'attesa 2015 sguardi al cielo 2015
terra che nutre sguardi 2015 sguardi incantati 2015 sguardi condivisi 2015
il bacio 2015 sguardi multipli 2015 sguardi doppi 2015
sigillo 2015 sguardi da rossore 2015 sguardi con lacrima 2015
sguardi catalani 2015 360° 2015 concentrici 2015
interrogativi 2015 intimi 2015 sguardi del disinganno 2015
|
“animale
abitare
2014”
a cura di IVAN
FASSIO
L'Evoluzione
delle Corazze
Penso agli
animali e alle
loro case...
Perché pensare?
La terra è una
materia fluida
Dove un'eterna
apparenza
Si evidenzia:
Non importa se
sangue,
Sostanza,
Forma o
speranza...
Se proprio
volessimo,
potremmo
giocare:
immaginare un
mondo di
molecole che si
equivalgono.
Salendo e
scendendo le
scale della
percezione,
sapremmo
rivisitare i
moduli della
natura e del
nostro pensiero
come se
rappresentassero
un tutt'uno.
Rivelazioni
biologiche e
speculazioni
filosofiche si
prenderebbero
per mano, in un
movimento
fluido, libero,
slacciato dalle
concatenazioni
della
consuetudine.
Così, in fondo,
creiamo:
aggrappati
incredibilmente
al corpo che
siamo, scissi
nella crisi tra
essere e avere,
destinati
all'estinzione
su una terra
carica di
macerie. Da
questo universo
attingiamo forme
e sostanze,
plasmando il
nostro vivere
nell'amalgama
del creato.
Abitiamo, a
questo modo,
seguendo regole
di adeguamento,
antiche di
millenni. Le
case
appartengono
all'istinto
animale e umano.
Evoluzione delle
corazze,
estensione dei
nidi, espansione
delle grotte: le
nostre dimore
esprimono
implicitamente
il nostro
rapporto con il
vuoto e il
pieno, l'aperto
e il chiuso, la
difesa e
l'attacco, il
calore e
l'odore. Le
decoriamo perché
le adoriamo.
Sommamente
utili,
indispensabili
all'esistenza,
nel nostro
immaginario si
fanno feticci,
manifestazioni
sensibili della
nostra vita,
eredità da
consegnare al
futuro,
testimonianze
divise tra
necessità e
memoria.
Sandra Baruzzi
ha cotto i
laterizi di
questa
riflessione,
svuotandoli di
ogni
funzionalità,
ricostruendoli
ad arte.
Partendo dal
brodo
primordiale,
dall'immersione
nei sali della
creazione,
l'artista ha
tentato di
ascendere ai
cieli, in
sospensione
inquieta,
radicale,
archetipica.
Nell'occhio
della tartaruga,
vecchio di
secoli, brilla
la scalinata che
conduce
all'entrata del
palazzo. Nella
barba sapiente
del pesce gatto
brulica il seme
del progresso.
La seppia
trascina
l'inchiostro di
progetti futuri.
Onde scolpiscono
fondamenta, nubi
accolgono
tensioni
incomunicabili.
Nel centro, le
costruzioni
dell'uomo in
assenza
d'umanità:
strutture del
ricordo...
PESCE GATTO
LUNARE
PESCE MARZIANO
MODELLATO
PESCE MARZIANO
SEPPIA APPRODATA
particolare
SEPPIA APPRODATA
TARTARUGA
URBANA
NUVOLA RAGGUINTA
OBLIQUI ROSSI
ARCHITETTURA
AMMARATA
ARCHITETTURA IN
FIORE
RIFLESSI URBANI
VERTICALI
BIANCHI
|
GEOMETRIE
URBANE |
Quercia potata
di H. Hesse
Ti abbiamo
tagliato,
albero,
come sei spoglio
e bizzarro!
Cento volte hai
patito
finchè tutto in
te fu solo
tenacia e
volontà!
Io sono come te.
Non ho rotto con
la vita incisa,
tormentata
e ogni giorno mi
sollevo dalle
sofferenze
e alzo la fronte
alla luce.
Ciò che in me
era tenero e
delicato,
il mondo lo ha
deriso a morte,
ma
indistruttibile
è il mio essere,
sono pago,
conciliato.
Paziente genero
nuove foglie
da rami cento
volte sfrondati
e a dispetto di
ogni pena
rimango
innamorato del
mondo folle.
sopra(v)vivenza
urbana 2013
“Geometrie
urbane” sono
architetture di
colori, di
segni, di volumi
di pieni e di
vuoti.
Edifici in
“terre di
confine” dove
prende forma
l’immagine di
una vita ai
margini , nelle
periferie, negli
agglomerati
urbani, un luogo
dove viene
conservato un
carattere
randagio, un
luogo dove si
accumulano
contenitori di
energie, forze,
forme,
geometrie, luci
ed ombre. Ma non
solo, qui
convivono ricchi
scambi di
informazioni,
fluenti
comunicazioni
multietniche e
assordanti
solitudini.
Ed è in
questo singolare
doppio di
estremo vuoto e
assediante colmo
che si incarna
il teatro del
contemporaneo.
Una scenografia
immaginaria dove
convivono paure
e sogni
individuali con
speranze e ansie
collettive. Le
grida si
alternano ai
silenzi, la
memoria
politica, civile
e culturale si
accumulano e
tracciano
geometrie altre
per accadimenti
futuri.
In queste
artistiche
“geometrie
urbane” si
incontrano i
vuoti, le
perdite, ferite
aperte nei
tessuti
metropolitani.
Incisioni
orizzontali e
verticali che
tessono trame
dove è incluso
l’incontro con
il vuoto. Il
vuoto come
condivisione di
spazio che
diventa
apertura, dove
il pensiero e il
suo movimento
trafila
esperienze. In
realtà queste
opere in
ceramica non
sono altro che
dei “non
luoghi”,
dei
territori
immaginari che
desiderano
esprimere con
l’energia delle
loro geometrie
cromatiche delle
terre di confine
dove s’avverte
la percezione di
un linguaggio
caratterizzato
da una
condizione di
perenne esilio e
del suo
contrario, dalla
ricerca di
comunicazione.
Immagini visive
che cambiano,
che segnano
delle emergenze
per i mutamenti
inarrestabili.
L’assenza di
figure umane
permette di
rafforzare lo
sguardo sulle
linee forza dei
tracciati e dei
volumi. Linee
verticali che si
incontrano con
le orizzontali,
che segnano
incroci, punti
d’incontro,
solidi che si
sviluppano da
ogni parti per
congiungersi e
con-fondersi con
il cielo.
Geometrie che
tramano
relazioni e
integrazioni.
architetture
mediterranee
architetture
abitate
casatlantica
atterrata
equilibri urbani
flussi urbani
geometrie urbane
onda urbana 2013
architetture
degli scambi
geometrie urbane
sali e scendi
per architetture
città degli
specchi
integrazione
vertigine urbana
|
ARTE DA GUSTARE |
Se il gioco è
quello della
libera
associazione tra
le parole, a
“piatto” segue
“cibo”. E se il
gioco prosegue
per l’incontro
tra “piatto e
cibo” certamente
l’albergo –
ristorante Tre
Re è il luogo
deputato a
valorizzare
l’uno e l’altro.
Tra il cibo
preparato da
Sandra e i suoi
piatti ardua è
però la sfida:
entrambi
laboriosamente
preparati,
entrambi cotti a
fuoco lento.
Per i piatti di
Sandra si
potrebbe persino
rinunciare alla
vivanda: troppo
belli per un
secondo posto,
troppo raffinati
per mangiarvi.
Ricordano quelli
che si
appendevano alle
pareti ma solo
perché – gioia
per gli occhi –
meritano di
essere visti e
sfoggiati.
Però, a
differenza dei
piatti del
salotto buono
dei tempi
andati, quelli
della Baruzzi
sprigionano
energia allo
stato puro.
Ed è l’energia
dei bambini
quando giocano.
Sandra gioca a
fare i piatti;
gli ingredienti
principali sono
la Baruzzi
bambina, il suo
divertimento, la
sua gioia
creativa, la sua
passione e il
suo trasporto: i
piatti diventano
facce e allora
da piatti da
portata si
trasformano in
piatti-ritratti.
Ogni faccia è un
micromondo la
mappa di un
viaggio reale o
immaginario tra
identità e
differenze.
Racconti visivi
che rivelano
allo sguardo
l’immensa
varietà della
razza umana.
Piatti allora sì
davvero da
appendere per
ricordare il
volto di
qualcuno,
sfigurato dal
gioco che
allunga,
allarga,
deforma,
riforma,
graffia, spacca
con una violenza
mista
all’ironia,
colora,
trascola, copre,
scopre, ricopre,
lucida, luccica,
opacizza.
Il volto è poi
un sentimento e,
se a dominare è
il crear brioso,
non manca lo
sconquasso del
cuore. Pochi
segni, alcune
parole,
scintille di
colore ed ecco
sparsi semi da
cui nascono
altre immagini,
un mondo fecondo
d’immaginazione,
sentimento e
poesia.
I rimandi
possono essere
tanti, Pablo
Picasso, Paul
Klee, Joan Miró,
ma di certo
anche in ognuno
di noi, nei
primi anni di
vita, abbiamo
incontrato il
segno e la sua
essenza, come
per la parola il
suo suono. Una
ricerca
d’equilibrio
verso la
sintesi, un
liberarsi dalla
zavorra del
ridondante.
Il gioco, poi, è
una cosa seria
di cui vanno
studiate regole
e mosse,
azzardati
esperimenti e
sfide.
Ed è qui
un’altra anima
ancora della
Baruzzi: quella
della
sperimentatrice,
della pioniera
di nuove
tecniche, nuovi
colori, nuove
cotture.
Un’alchimia
infinita data
dalla
combinazione
delle diverse
terre, dalla
mescolanza di
smalti, ossidi e
colori ceramici,
dalle alte
temperature di
cottura (1000°C
– 1300°C). Un
ricerca di anni,
una lotta per la
conoscenza,
condivisa e
sostenuta con
grande valore
aggiunto da
Guglielmo
Marthyn, altro
artista
“sperimentatore”
con cui Sandra
realizza sovente
opere d’arredo
urbano e con la
fabbrica La
Castellamonte
di Silvana Neri
e Roberto Perino
che mettendo a
disposizione il
loro laboratorio
artistico danno
vita a un
proficua
relazione tra
arte, design e
artigianato
d’eccellenza. Un
insieme di
persone che con
la propria
esperienza
presta
attenzione allo
sviluppo di
nuovi percorsi
produttivi con
il desiderio di
gemmificare
opportunità di
inpegno
lavorativo e
professionale
sempre
relazionandosi
anche con la
ricca ed
articolata
realtà del Liceo
Artistico
Statale “Felice
Faccio”, dove
per altro la
Baruzzi insegna
Design e Arte
della Ceramica.
Terra di
Castellamonte,
da maiolica,
grès, terraglia,
refrattario,
porcellana,
terra pirofila
mescolate fra
loro o con altre
materie prime;
terre cotte e
ricotte,
ingobbiate,
colorate,
smaltate e
lustrate,
considerate un
universo da
conoscere e da
vivere per e con
la sua magia.
Qui si comprende
anche
l’imprevisto,
anzi è questo
che molte volte,
sorprende e
rinnova lo
slancio a
proseguire.
L’incontro dello
strumento e
della materia
producono
emozione che è
sentimento
contraddittorio
ma vivente, che
non passa
indifferente
nell’osservatore,
che attraversa i
sensi per poi
arrivare
all’anima.
La tecnica e la
tecnologia di
queste opere è
tanto varia
quanto sono le
opere stesse.
Anna Tabbia
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INVITO AL
VIAGGIO
La collezione
d’opere che
presento alla
52esima Mostra
della Ceramica
ha come tema
l’invito al
viaggio
...
al viaggio per
terra, al
viaggio per
mare, al viaggio
per cielo ed
infine per
quello
più incredibile,
fantastico,
gioioso e
doloroso....quello
dell'amore.
Si porgono
sculture in
ceramica dove si
elaborano con
creatività
tracce visive di
vita e del suo
divenire con
l’arricchimento
di conoscenza e
d’incontro. Un
aggrovigliarsi
di spazi, un
movimento
vorticoso di
luoghi, “l’onda
sulle nubi”,
l’onda che si
aggrappa alle
nuvole, per
cambiare
orizzonte, punto
di vista o “turbolenze”
dell’anima,
perché è l’anima
il luogo della
miscela dei
luoghi, della
partenza e
dell’arrivo, il
viaggio dei
viaggi.
Viaggiando può
succedere però
di sentirsi
dolorosamente
diversi dal
resto, una “barca
nel bosco”,
mentre nel bosco
le barche non
servono. Se
siamo barca,
vogliamo mare.
Il mare non c’è
e rimaniamo
barca comunque.
Disagio,
spaesamento. (
suggestionata
dalla lettura
del libro, che
ha dato nome
all’opera, di
Paola Mastrocola
).
Quando
avvertiamo
l’essere fuori
posto, partiamo
per cercare il
nostro posto.
Spesso non lo
troviamo e la
ricerca
continua.
Una ricerca
molto spesso
vissuta con sé,
per sé e in
amalgama con
l’altro da sé,
amando o
odiando. Ecco
gli incontri di
viaggio, le
passioni,
che
generano, con
fantasia e
ironia, la serie
di opere
intitolate
“amore … in
fiore, trafitto,
tridimensionale,
stonato, love,
in saldo, ecc”.
Queste opere
sono
accompagnate da
pagine scritte
di Anna Tabbia,
una pagina per
ogni amore!
Eccovi
un’anteprima con
”amore
stonato”
“Si conosce
entrambi la
stessa canzone,
la si ama, si
sono imparate a
memoria le
parole e
ciascuno dei due
le sa, senza
neppure lo
sforzo di
concentrazione
che le fa
infilare una
dietro l’altra.
Si canta, si
parte nello
stesso momento e
non c’è bisogno
di segni di
intesa; si parte
così,
naturalmente.
Ma è un duetto
stonato.
Intonata lei,
intonato lui;
oppure intonati
lui e lui; o
ancora intonate
lei e lei. Non
sbaglia nessuno
ma qualcosa va
fuori: fuori
tempo, fuori
posto, fuori
dalle righe,
fuori ritmo.
Infinite le
possibilità del
fuori.
Inevitabilmente
fuori dalla
storia.
E pensare che
erano due
giovani belli e
ricchi e avevano
tutto: bel
lavoro, famiglia
bene, tutto
tutto, e nessuno
dei due pareva
stonato".
amore fra mari e
monti 2012
|
Amore in fiore |
Amore
tridimensionale |
Amore trafitto |
Love |
Amore stonato |
La barca nel
bosco |
Aquilone sospeso |
Oniriche
abitazioni |
Dimora sradicata |
Poetiche
abitazioni |
Il canto delle
sirene |
Passaggio di
cometa |
micimiao city
2011 |
echi
mediterranei
2011
|
scalino di
risacca 2011 |
prezioso totem
sull'onda 2011 |
faro al tramonto
2012 |
faro in attesa
2012 |
faro all'alba
2012 |
faro in diurna
2012 |
faro
nell'abbraccio
2012 |
faro in notturna
2012 |
faro sul vortice
ondoso 2012 |
faro sull'onda
verde 2012 |
faro sulle dune
2012 |
|
DIMORE
DELL'ANIMA
Fango e
creta. Creta e
creatura. La
creta crea case.
Case di fango in
cui l’artista
insuffla
l’anima. Ed ecco
che tra le
dimore
metaforiche
costruite dalla
poesia
fioriscono
quelle con-crete
di Sandra
Baruzzi.
Esplodono sulle
tele rossi e
arancio e viola,
linee forti e
scure, fenditure
profonde; onde
perigliose ci
raccontano di
case tenaci che
sanno stare in
equilibrio su
rupi scoscese e
su oceani
agitati. E da
quelle case,
nonostante la
precarietà delle
situazioni
mostrate, ancora
ci si azzarda a
sporgere scale
verso il cielo
Chiusi
nelle cornici,
nei limiti
spaziali della
tela, questi
paesaggi
esprimono mondi
interni
fortissimi e
ricchi. Ma anche
nelle crete, là
dove l’oggetto
rappresentato
potrebbe
dominare lo
spazio
circostante,
Sandra sceglie
di inscriverlo
in un perimetro,
spesso doppio,
talvolta
addirittura
triplo, come se
la casa fosse su
un’isola e
l’isola in un
lago. Ecco
allora tornare
anche qui il
tema del
rapporto tra
fuori e dentro,
tra spazi verso
i quali si
lanciano parole
o scale o fili
che reggono lune
e cuori e
interni più che
mai segreti. Chi
vive nelle case
di Sandra?
Sognatori,
questo è
evidente. Le
atmosfere sono
notturne, i
segni –
scritture, fili,
trame come di
centrini
all’uncinetto –
rimandano a
universi
creativi
femminili. In
questa geografia
di terre emerse,
strappate al
mare, alcune
isole sono
uterine per
forma e colore,
altre cartacee,
depositarie di
pensieri, altre
ancora sporgono
le loro casette
infantili
coperte di
glasse
fiabesche:
carmello,
cioccolato. Per
chi sono dunque
le case di
Sandra? Per le
bambine buone e
per quelle
cattive che
dormono sogni
tranquilli o
inquieti nel
fondo delle
nostre coscienze
adulte. Piccole
anime
avventurose vi
troveranno di
sicuro dimore
sicure.
.
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Maria Pia
Simonetti |
Architetture
dell'anima |
Architettura
sospesa |
Dimora delle
sorprese |
Dimora
mediterranea |
Architettura
eterna |
Architetture
arroccate |
Architetture
comtemplative |
Dimora acqua
marina |
Dimora di
passione |
Appendi il
nostro giorno
d'amore |
Rogo |
Preghiera |
installazione
dimore 2011 |
Utopie verticali ed equilibri instabili
Conviene dirlo subito Sandra Baruzzi è un' artista a tutto tondo senza le limitazioni (se ce ne sono) imposte dalle comode classificazioni tecnico-espressive. Certo la ceramica è il nocciolo della sua poetica, la capacità di coagulare in volumi, in visioni plastiche un universo poetico ricco ed introverso. Ma al tempo stesso e con grande sorpresa per gli spettatori (le sue opere possono infatti essere considerate attori in un teatro delicato e quasi evanescente) la poetica di Sandra Baruzzi si dipana leggera su tele scabre dai tratti essenziali tracciate su fondi di ardente terracotta. Così siamo alle sculture "in bilico" come Casaluna o Casalta che si tramutano in Città-degli-Incontri e Casapercorso, siamo nel regno della leggerezza, dell'equilibrio instabile, dell'essenzialità cromatica. Ed i rimandi sono citazioni sottili quasi un Melotti reso più esplicito sino ai sottili rimandi Kleeiani nel tratto che allude, nell'idea dell'infantilismo sognante. Poi é come se nei lavori più recenti si fosse verificato un bisogno di compattezza, come se il grumo poetico più tenue e diluito dei lavori più vecchi avesse richiesto un supplemento di solidità e di costruzione più "costruita".
Nascono così visioni sdoppiate più ricche di elementi e di strutture portanti che conducono ad una sorta di rigenerazione delle austere torri originali. Baruzzi è andata verso la terra del possibilismo, verso il sogno reso tangibile. Le nuove torri-cono si sdoppiano, si alleggeriscono e si spezzano quasi ma si arricchiscono di elementi di nuova mondanità. Forse Sandra Baruzzi è un artista che teme quasi di lasciarsi andare, di svelare il suo gesto capace e la tecnica sapiente. Ora percorre la stagione felice, viaggia nei territori del sogno sognato e del mondo sperato.
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Ugo Nespolo |
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casa per Anna 2002 |
casalta 2002 |
casestellate 2002 |
sottosopra in libertà 2003 |
sorprende la morte-naufragando |
percorsi di pace 2003 |
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PICIOL D'ARTISTA
La scultrice
Baruzzi, prese
le mosse dal
recipiente
recuperato nella
sua classica
forma e
funzione, ha
proceduto alla
personale
rielaborazione
di questo,
liberando e
dando forma
concreta al
suo
immaginario. Il
vaso della
tradizione si è
così rinnovato
riproducendo,
tra le numerose
soluzioni
proposte, le
sembianze di una
città dei sogni,
popolata di
torri dalle
piccole
finestrelle e
lunghe scale con
tanto di luna
sospesa, oppure
è divenuto una
sorta di omaggio
ad artisti amati
e frequentati,
di cui richiama
i più ricorrenti
motivi.
Dai vasi che
rimandano alle
offerte votive
per i grandi
maestri a quelli
la cui
produzione è
nata pensando a
quanti, per
scelta o per
caso, popolano
il loro
quotidiano: il
vaso-signorina,
quella comune
della porta
accanto,
rimembranza ed
insieme
trasfigurazione
dei preistorici
vasi antropoidi;
il vaso che reca
la trascrizione
di versi
poetici, perché
il bisogno di
esprimersi è
unico per quanto
si avvalga
talvolta di
terra e talvolta
di parole; il
vaso di sapore
gaudente,
simpaticamente
giocato sulle
rotondità di
un’amica (almeno
le curve in
ceramica
resistono più
facilmente
all’impietosa
corsa del
tempo!); quello,
giocoso e
sensuale,
dedicato ad un
uomo la cui
virilità viene
ironicamente
esaltata ed
impreziosita
dall’oro di cui
sono con malizia
intinti gli
attributi per
eccellenza della
prestanza
maschile.
Al “grido per
tornare alla
fanciullezza” di
Bojani risponde
a tono lo
spirito ludico
della ceramista
a cui giocare
piace e,
piuttosto che
privilegiare i
solitari, ama
coinvolgere
compagni di
squadra. Questa
è stata la volta
del sodalizio
con Guglielmo
Marthyn e la
ditta RP, con i
quali
ha
giocato al
“contenitore
contenuto” o,
per
divertissement
linguistico, a
“contenere il
contenitore”:
ogni vaso, di
per sé
contenitore, è
stato a sua
volta racchiuso
in una sorta di
scatola sfondata
e ad ogni
scatola un’altra
se ne può
sovrapporre;
pezzo su pezzo
in modo da
creare una
stele.
Fantasticherie e
travolgente
voglia di
divertimento
sono gli
ingredienti base
di questo gioco
alla
modernizzazione
di un oggetto di
cui non viene
comunque perduta
l’identità
originaria:
anche un vaso
artistico, così
rinfrescato e
svecchiato, non
esaurisce fino
in fondo la sua
funzionalità
nella fruizione
estetica, nel
suo essere
oggetto d’arte,
e può al tempo
stesso tornare
agli albori
ridiventando
oggetto d’uso.
Da riempire,
atto a
contenere.
Del resto gli
antichi
pensavano che i
vasi vuoti
facessero gran
rumore,
esattamente come
gli sciocchi,
uomini dalle
teste vuote, che
mai riescono a
stare zitti ed
inutilmente
strepitano e
schiamazzano.
Vasi e teste da
riempire.
Il pensiero
corre alla
mitica Pandora,
donna dalla
testa vuota e
dal vaso pieno.
Di mali, però.
Ed è per questo
che non avrebbe
dovuto
scoperchiare
quel vaso
e tenerlo
ermeticamente
chiuso ma, pur
essendole stato
quel gesto
proibito, non
resistette ed
aprì: i mali
rapidi uscirono
investendo la
vita degli
uomini, fino a
quel tempo
felici e da quel
giorno
irrimediabilmente
gravati da mille
preoccupazioni,
ansie e dolori.
Dal recipiente
tutto fuggì;
rimase solo la
speranza, che è
poi quella che i
vasi della
nostra vita
dovrebbero
sempre e
gelosamente
custodire.
Anna Tabbia |
|
piciol storico |
piciol magico
n°1 |
piciol degli
scambi |
piciol vissuto
n°1 |
piciol scomposto |
piciol stellato |
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